Il Castello apre le porte ai Maestri del Surrealismo: in mostra Dalì, Miró, Ernst, Magritte

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ph. Giovanni Barnaba
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Dall’11 aprile al 25 agosto al Castello di Carlo V anche opere di Bellmer, Fini, Lam, Masson e Matta.Oggi ingresso gratuito fino alle 20, da domani 10 euro il biglietto. 

Il Castello di Monopoli propone un nuovo interessante appuntamento con i maestri internazionali del Novecento, ospitando un’affascinante mostra collettiva sul Surrealismo, il sogno e l’inconscio.

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L’esposizione comprende opere grafiche originali su carta (in prevalenza litografie, acqueforti, acquetinte), di alcuni importanti maestri che hanno fatto parte – in vario modo e in vari momenti storici – del Surrealismo, il movimento d’avanguardia guidato da André Breton da partire dal 1924, quindi esattamente cent’anni fa. Tra gli artisti surrealisti presenti in mostra: Hans Bellmer, Salvador Dalì, Max Ernst, Leonor Fini, Wifredo Lam, René Magritte, André Masson, Sebastian Matta e Joan Miró.

La mostra è in programma dall’11 aprile al 25 agosto 2024 (inaugurazione con accesso gratuito il 10 aprile dalle ore 18 alle ore 20).

È concepita come un percorso ideale tra le tematiche più caratteristiche, come appunto quelle legate al sogno e alle pulsioni dell’inconscio, comuni agli artisti aderenti al movimento. Un movimento, quello surrealista, esplicitamente rivoluzionario (e non soltanto dal punto di vista artistico), che ha segnato in maniera profonda l’arte del Novecento per la libertà dei mezzi espressivi utilizzati, tra cui caratteristico è stato l’uso della scrittura automatica, e dei temi affrontati, in primo luogo per quell’impulso a ricercare una realtà oltre quella puramente esteriore, sovvertendo i rapporti convenzionali delle cose, ma anche per l’importanza dell’eredità che ha rappresentato per le ricerche artistiche successive, e specialmente per l’espressionismo astratto americano.

«Saranno ben otto gli artisti le cui opere saranno ospitate fino a fine agosto al Castello Carlo V in una mostra sul Surrealismo, alla scoperta di una delle correnti più attraenti del secolo scorso. L’unicità e la bellezza di questi capolavori saranno visitabili fino a fine estate in un percorso che, sono sicuro, saprà attrarre la curiosità di un pubblico vasto e variegato, dai nostri concittadini ai tantissimi turisti che in questo periodo visitano la nostra città», afferma il Sindaco di Monopoli Angelo Annese.

Per l’assessore alla cultura Rosanna Perricci: «Prosegue l’impegno del nostro Comune per la divulgazione delle principali esperienze che hanno segnato la storia dell’arte. Questo progetto sul Surrealismo ribadisce la vocazione del castello Carlo V di essere spazio di progettualità e visioni, di essere luogo capace di accogliere, anche in questa prossima stagione, i cittadini e i turisti che avranno il piacere di confrontarsi con una pagina fondamentale della storia culturale, visiva ed estetica del XX secolo».SURREALISMO 2024

Il Surrealismo, definendosi come un atteggiamento dello spirito verso la realtà e la vita, più che un insieme di regole formali ed estetiche, non ha prodotto un unico linguaggio espressivo, bensì ha permesso ad ogni artista del movimento di sviluppare un proprio stile. In generale, però, sono due le direzioni stilistiche che sembrano delinearsi: una più figurativa, in cui l’immagine, dall’aspetto insolito, e lo spazio in cui essa è immersa, derivano da una realtà ipnotica, a diretto contatto con il mondo delle apparenze; l’altra – che può anche coesistere in uno stesso autore – più evocativa, in cui l’immagine, sempre dall’apparenza insolita, nasce inconsapevolmente dal lavoro che l’artista intraprende su una forma o su una materia, divenendo così un’analogia di una proiezione fantasmagorica.

Questa dualità di linguaggi si ritrova anche nella selezione di artisti presenti in mostra. Al primo gruppo, quello “figurativo”, appartiene Salvador Dalì, con le sue allucinazioni “paranoiche”, dove le figure quasi liquide sorprendono per il virtuoso illusionismo; René Magritte, che induce a riflettere, tramite gli accostamenti insoliti di oggetti riprodotti realisticamente, sull’irrealtà dell’apparenza; Hans Bellmer, famoso per le sue bambole a grandezza naturale dalle pose non convenzionali e per le tematiche erotiche; e, infine, la pittrice argentina di origine italiana Leonor Fini, con le sue figure leggere e minute dalla delicata eleganza. Nel secondo gruppo, quello più “evocativo” e in un certo senso più sperimentale, troviamo, invece, Marx Ernst, il ricercatore instancabile di tecniche sempre nuove atte a stimolare la sua capacità inventivo-immaginativa; il cubano Wifredo Lam, che fa rivivere nella sua figurazione arcaizzante, ma in un’atmosfera fantastica e surreale, i miti e le tradizioni della propria terra caraibica; Henri Masson, che utilizza un tipo di scrittura automatica immediata, veloce e convulsa, e che rasenta quasi l’astrazione; il cileno Sebastian Matta, che rappresenta forme organiche, ma in alcuni casi anche esplicitamente antropomorfiche, immerse in uno spazio multidimensionale e senza tempo, pervaso da una frenesia meccanica, quasi elettrica; ed infine Joan Miró – «il più surrealista di noi tutti», come lo definì Breton – che specialmente nella sua opera grafica matura, crea con estrema libertà le sue favole incantevoli e gioiose, dove la linea flessuosa sembra danzare serenamente tra i colori puri e accesi.

La mostra, quindi, è un viaggio assolutamente da non perdere, tra le fantasie oniriche e le visioni inconsce più profonde di alcuni importanti artisti surrealisti.

Informazioni

Fino al 30/6 ore 10-14 e 16-20;
dal 1/7 al 25/8 ore 10-13.30 e 15.30-23;

Biglietti €10,00 intero
Minori, portatori di handicap e giornalisti Gratuito
Gruppi (da 8 in su) e residenti a Monopoli ridotto 8€.

Info e prenotazioni: 339.16.45.444

PROFILI BIOGRAFICI DEGLI ARTISTI

HANS BELLMER

Nasce a Katowice nel 1902. Inizialmente lavorò come disegnatore per la propria compagnia pubblicitaria. A partire dalla metà degli anni 30 porterà avanti il progetto delle bambole raffiguranti femmine adolescenti a grandezza naturale, che lo renderà famoso, progetto pensato per opporsi al fascismo del Partito Nazista dichiarando che non avrebbe fatto nessun lavoro che sostenesse il nuovo stato tedesco. Rappresentate da forme mutate e da pose non convenzionali le sue bambole erano dirette specificamente ad una critica al culto del corpo perfetto allora dominante in Germania. Il suo lavoro fu ben accolto nella cultura d’arte parigina del tempo, specie tra i surrealisti sotto André Breton, per i riferimenti alla bellezza femminile e l’attribuzione sessuale della giovinezza. Aiutò la resistenza durante la guerra, facendo passaporti falsi e fu rinchiuso nella prigione Camp des Milles a Aix-en-Provence per gran parte della Seconda guerra mondiale. Dopo la guerra, Bellmer visse il resto della sua vita a Parigi dove morì nel 1975.

SALVADOR DALÌ

Nasce a Figueras (Spagna) nel 1904. Dalì viene inizialmente influenzato dal futurismo, poi dal cubismo (1925). Nell’aprile del 1926 compie il suo primo viaggio a Parigi, dove fa visita a Picasso; vi ritornerà nel 1929, in occasione delle riprese del film di Bunuel “Un chien andalou” (dove Dalì è co-scenarista), sarà allora che Mirò lo introdurrà nel gruppo surrealista. Dalì incontra André Breton e Gala, la sua futura compagna e musa (Gala era allora moglie di Paul Eluard). Aderisce al gruppo surrealista nel 1929. Dalì s’interessa allora alle teorie psicanalitiche di Freud e mette a punto il suo metodo “paranoico-critico”. I temi ricorrenti nell’opera dipinta dell’artista come nell’incisione sono la donna, il sesso, la religione, le battaglie. Dalì darà spettacolo durante il corso di tutta la sua carriera, mescolando arte e vita, mettendosi in vista in tutti i casi, tanto da dichiarare: “Il surrealismo sono io”. Muore a Barcellona nel 1989.

MAX  ERNST

Nasce a Brûl nel 1891; studia filosofia, storia dell’arte e psichiatria a Bonn. Inizia a disegnare molto presto. Dopo la guerra raggiunge il movimento dada a Colonia. Dopo una prima esposizione personale organizzata nel 1921, si stabilisce a Parigi (1922). Due anni più tardi, è tra coloro che firmano il “Manifesto del surrealismo” e partecipa a tutte le esposizioni del movimento. Nel 1920, illustra i poemi di Eluard e quelli dei futuri surrealisti. Impiega l’automatismo e rivendica un universo surrealista. Negli anni ’20 giunge ai differenti temi delle “allucinazioni”, ricorrenti nella sua opera futura. Portato alla sperimentazione, metterà a punto delle nuove tecniche (strofinamento), realizzerà dei raschiamenti, delle carte incollate, delle pitture con decalcomanie. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il pittore viene internato in un campo di detenzione francese per la sua nazionalità. Riuscirà ad andare in esilio negli Stati Uniti nel 1941, grazie a Peggy Guggenheim, gallerista e grande collezionista che Ernst sposerà; si separeranno solo un anno dopo. Sarà negli Stati Uniti che Ernst matterà a punto la tecnica del “dripping” (collage). Muore a Parigi nel 1976.

LEONOR FINI

Nasce da padre argentino di origini beneventane e madre triestina di origini tedesche. In seguito alla separazione dei genitori, madre e figlia rientrarono a Trieste nel 1909 ospiti dello zio; fu sostanzialmente una pittrice autodidatta che frequentò assiduamente gli atelier dei pittori più noti di quegli anni. Alla soglia degli anni trenta si trasferì a Parigi, città che diverrà, seppur tra continui viaggi e tappe intermedie, la sua patria adottiva. Qui, entrata in contatto con i massimi esponenti della pittura e della letteratura surrealista, da André Breton a Salvador Dalí, da Paul Éluard a Max Ernst, conobbe anche il fotografo Henri Cartier-Bresson. Con Max Ernst, che la definì “la furia italiana a Parigi” intraprese un viaggio a New York, ove i due esposero presso la Galleria Levy. Il suo legame con il teatro, i suoi romanzi surrealisti, la sua passione per il disegno e la fotografia, i suoi tanti amori, il suo essere libera e dissacratoria ma anche il suo originale concetto di fedeltà e il suo amore per la vita, tracciano lo specchio di una personalità d’artista unica che valica i confini della pittura per collocarsi di diritto tra i grandi del Novecento.

WIFREDO LAM

Nasce a Sagua la Grande nel 1902, ottavo figlio di un ricco commerciante cinese ottantaquattrenne e di una madre di origini afro-europee. All’inizio dell’autunno del 1923 si imbarcò per la Spagna dove visse per 14 anni. Nel 1929 sposò Eva Piris da cui ebbe un figlio. Nel 1931 Eva e suo figlio morirono di tubercolosi. Nel 1938 Lam conobbe Pablo Picasso ed ebbe modo di conoscere gli amici del pittore: Joan Miró, Fernand Léger, Henri Matisse, Paul Eluard, Georges Braque. Nel 1941 lasciò l’Europa per Cuba con André Breton che desiderava andare a New York. Ma, mentre pensava di ritrovare la sua isola natale, venne internato per quaranta giorni su una piccola isola della Martinica. Dopo avere soggiornato per dieci anni sull’isola, a cinquant’anni si trasferì definitivamente a Parigi, ma trascorreva lunghi periodi in Italia, ad Albissola Marina, talvolta da solo, altre volte con la moglie pittrice svedese e con la numerosa prole tutta di sesso maschile. Lo stile di Lam è la somma delle numerose correnti pittoriche incontrate durante i suoi lunghi viaggi: le sue opere sono caratterizzate da tratti simili a quelli dei graffiti primitivi ma si mescolano anche leggeri influssi cubisti, il tutto mescolato in un’atmosfera surrealista. Muore a Parigi nel 1982.

RENÈ MAGRITTE

Nasce a Lessines, Belgio, nel 1898, il padre Léopold era un mercante. Nel 1910 si trasferirono a Châtelet, dove sua madre Adeline due anni dopo morirà gettandosi nel fiume Sambre; i suoi inizi di pittore si muovono nell’ambito delle avanguardie del Novecento, assimilando influenze dal cubismo e dal futurismo. Secondo quanto affermato da lui stesso in un suo scritto, la svolta surrealista avviene con la scoperta dell’opera di Giorgio De Chirico, dalla quale viene profondamente colpito. Nel 1925 entra nel suo periodo surrealista con l’adesione al gruppo di Bruxelles, e dipinge il primo quadro surrealista, “Le Jockey perdu”, mentre lavora a diversi disegni pubblicitari. Muore nel 1966 a Bruxelles.

ANDRÈ MASSON

Nasce a Balagny-sur-Thérain nel 1896, ma si trasferì con la famiglia a Bruxelles dove cominciò la sua formazione artistica. Nel 1912 si trasferì a Parigi dove frequentò l’Académie des beaux-arts, manifestando un forte interesse per il cubismo. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, l’artista fu chiamato sotto le armi. Nel corso della guerra fu gravemente ferito al petto e inviato in convalescenza a Parigi. Una larga parte della sua produzione artistica degli anni venti appare influenzata dal trauma della guerra. Nel primo dopoguerra Masson entrò in contatto con i circoli surrealisti tramite André Breton. Sotto l’influenza dei surrealisti sperimentò diverse tecniche di produzione artistica «automatica», cioè legata a fattori casuali, come la tecnica delle macchie di colla, sabbia e olio gocciolate sulla tela. Masson riteneva che lavorare in un ridotto stato di coscienza aiutasse l’artista a liberarsi dal controllo della razionalità e ad entrare in pieno contatto con la creatività dell’inconscio: per ottenere questo scopo a volte dipingeva sotto l’influenza di droghe o sottoponendosi a lunghi periodi di digiuno o di deprivazione dal sonno. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Masson si stabilì a New Preston, nel Connecticut, e con le sue opere influenzò profondamente gli espressionisti astratti, come per esempio Jackson Pollock. Muore a Parigi, nel 1987.

ROBERTO SEBASTIAN MATTA ECHAURREN

Nasce a Santiago del Cile, nel 1911. Dopo gli studi in architettura, nel 1934 si trasferì a Parigi dove si dedicò alla pittura. A Parigi conobbe André Breton e Salvador Dalì nel 1937; dal 1938 aderì al surrealismo, eseguendo una pittura attenta alla dimensione onirica, inconscia, concitata. Cominciò allora a partecipare ad importanti eventi come l’Esposizione Internazionale del Surrealismo alla Galleria di Belle Arti di Parigi. Realizzò i suoi primi oli surrealisti che prima chiamò “Morfologie Psicologiche” e poi “Inscape”. Conobbe Duchamp a Parigi e nel 1939 mantenne contatti con Pablo Neruda. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale riparò a New York assieme a Yves Tanguy. Qui ebbe contatti con gli altri surrealisti, con i dadaisti ed esercitò una forte influenza su molti giovani artisti, tra i quali Pollock, Rothko e Gorky. Influenzò la nascita dell’Espressionismo astratto e ne fu a sua volta influenzato. Muore nel 2002 a Civitavecchia.

JOAN MIRÒ

Nasce a Barcellona nel 1893, a 17 anni già lavora come contabile in una drogheria, ma, molto interessato all’arte, disegna e frequenta lezioni private di disegno dall’età di otto anni. Nel 1912 non trovando soddisfazione nel lavoro, dopo essersi ammalato di tifo, costretto a lasciare il lavoro, durante la convalescenza decide di dedicarsi esclusivamente alla pittura. Nel 1920 si trasferisce a Parigi dove, frequentando i pittori di Montparnasse ed il circolo dadaista di Tristan Tzara, ha stimolanti contatti intellettuali con personalità emergenti come Pablo Picasso. Dagli anni ’40 Mirò vive stabilmente a Mallorca, terra d’origine di sua madre o a Montroig; sviluppa uno stile surrealista sempre più marcato al punto che André Breton, fondatore di questa corrente artistica, lo descrive come “il più surrealista di noi tutti”. L’artista diventa uno dei più radicali teorici del surrealismo, in numerosi scritti ed interviste esprime il suo disprezzo per la pittura convenzionale esprimendo il desiderio di “ucciderla” per giungere a nuovi mezzi di espressione. Muore nel 1983.